Animali: esseri senzienti titolari di diritti?

Nell’ordinamento giuridico italiano gli animali sono stati tradizionalmente qualificati come “cose”,ossiacome beni mobili oggetto di diritti reali o di rapporti negoziali.

Una simile impostazione, di matrice romanistica, perdura formalmente anche al giorno d’oggi: il Codice Civile italiano, infatti, qualifica tutt’ora gli animali come res;eciò sebbene gli animali siano ormai considerati nel sentire comune come “esseri senzienti non umani”.

Ed invero, negli ultimi anni si è registrata una crescente attenzione sociale al tema della tutela degli animali – attenzione culminata nella modifica dell’art. 9 della Costituzione, che ha inserito la tutela degli animali tra i principi fondamentali della Carta. Tale norma, oggi, recita infatti “la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”.

Tale intervento ha rappresentato un punto di svolta fondamentale, in quanto ha spinto il legislatore ad iniziare a riflettere seriamente sul valore del riconoscimento dell’animale come essere senziente dotato di diritti, e non più come mero bene mobile. Per questo motivo, si deve guardare alla predetta riforma costituzionale come punto di partenza per ulteriori interventi normativi, diretti a delineare un adeguato sistema di protezione dei diritti degli animali.

Sempre maggiori, infatti, sono i problemi correlati alle vicende quotidiane che coinvolgono gli animali e che sono spesso causa di contenziosi (es. separazione tra i coniugi, liti condominiali, …). Di fronte a tali vicende il giudice è chiamato ad adottare un approccio equilibrato, che tenga conto di valori tra loro contrapposti; e a tal fine è indispensabile che gli operatori della legge possano disporre di un sistema di norme che – ponendosi in linea con il sentire comune – sia il riflesso di una società in cui gli animali – lungi dall’essere ancora considerati come mere res – sono qualificati come esseri senzienti, in grado di provare sentimenti ed emozioni.

Di qui, l’ormai improcrastinabile bisogno di approntare quanto prima una disciplina volta a regolamentare in maniera organica ed uniforme il tema degli animali.

Sul punto, giova evidenziare che già da diversi anni “giace” in Parlamento una proposta di legge con cui si vorrebbe introdurre nel Libro I del codice civile il Titolo XIV-bis “Degli animali”, che all’art. 455-bis (“Diritti degli animali”) recita: “gli animali sono esseri senzienti. Le disposizioni relative ai diritti civili si applicano anche agli animali, in quanto compatibili con le leggi speciali vigenti in materia di animali”.

Un simile disegno di legge mirerebbe a sanare il vuoto normativo presente nel nostro ordinamento con riguardo alla tematica in questione, oltre a dare attuazione al Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, che – in linea con altri precedenti interventi (quali, a titolo esemplificativo, la “Dichiarazione dei diritti dell’animale” presentata a Bruxelles il 26 gennaio 1978 e proclamata a Parigi presso la sede dell’UNESCO il 15 ottobre 1978; la “Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia” siglata dagli stati membri del Consiglio d’Europa a Strasburgo il 13 novembre 1987 e in vigore dal 1° maggio 1992, ratificata dal Parlamento italiano con L. 4 novembre 2010, n. 201) – riconosce testualmente che gli animali sono esseri senzienti, di cui perseguire necessariamente il benessere, e non anche semplici cose mobili.

Non solo, alla luce della crescente attenzione e sensibilità nei confronti degli animali domestici, ormai considerati al pari dei figli, quindi ad esseri senzienti a tutti gli effetti – la Facoltà di Giurisprudenza di Torino ha attivato un corso universitario sul diritto degli animali domestici, mentre l’Ordine degli avvocati di Milano ha organizzato un convegno dedicato alla presentazione del volume “Gli animali in giudizio. Contenziosi costituzionali, civili, penali, amministrativi, contabili, tributari, comunitari sugli esseri senzienti non umani”, curato da Vito Tenore, presidente di Sezione della Corte dei conti e docente alla Scuola nazionale dell’amministrazione.

É dunque evidente la necessità di rivedere quanto prima le disposizioni del codice civile in materia di animali e di formularne di nuove a loro tutela. Una simile esigenza nasce – oltre che dal sentire comune di larga parte dell’opinione pubblica – dall’esempio delle normative in vigore in altri paesi europei (vedi, ad esempio, la Spagna) e dall’avanzamento già operato in ambito penale con l’approvazione del titolo IX-bis del libro secondo del codice penale, che ha evidenziato ancora di più le carenze in ambito civilistico.

Negli ultimi anni la giurisprudenza italiana ha in più occasioni evidenziato come gli animali d’affezione non possano essere qualificati come cose, ma come esseri senzienti (vedi, ex multis: Trib. Lucca, sentenza del 24/01/2020; Trib. Roma, sent. n. 19747/2016; Trib. Milano Sez. IX, decreto del 13 marzo 2013). Occorre però che un simile riconoscimento venga operato anche sul piano normativo.

L’auspicio, dunque, è quello che il legislatore italiano possa intervenire quanto prima per sopperire alla carenza di norme (soprattutto in ambito civilistico) volte a tutelare i diritti degli animali, oltre che a riconoscere formalmente agli stessi lo status di esseri senzienti, adeguando così il contesto normativo alla società moderna e al suo comune sentire, per cui è inconcepibile che gli animali non siano ancora formalmente considerati come esseri viventi titolari di veri e propri diritti, ma piuttosto come semplici oggetti.